5coinquilini

martedì, dicembre 27, 2005

IL VERO NATALE

Natale con i tuoi Capodanno con chi vuoi (o era Pasqua)?
Beh comunque ognuno a casa sua.
Paolo dalla sua mammina borghese, Sara a Bergamo, Carlo ed io in Brianza e John e Tye a casa a Milano.
Il problema è come dividersi nei tre giorni fondamentali. Vigilia, Natale e Santo Stefano.
Allora alla Vigilia a casa di Carlo, perché da vera famiglia del Sud i suoi non rinunciano alle tradizioni. La mia invece, da vera famiglia del Nord, non festeggia alla Vigilia ma solo a Natale.
È strano tornare a casa.
Andare a casa di Carlo a mangiare, parlare con i suoi genitori, con suo fratello, con la vecchia zia che vive lì. Quast’anno abbiamo portato anche il panettone, che abbiamo comprato al supermercato dietro l’angolo. Il problema è che abbiamo comprato anche una bella bottiglia di gin.
La cena è come sempre corredata dal miglior terzo grado del mondo. Reggiamo bene però e ci prepariamo le risposte anche per quello di domani che subiremo dai miei genitori.
Intanto a metà cena la bottiglia di gin è già mezza vuota. Improvvisamente i genitori di Carlo mi sembrano anche simpatici.
A fine cena solito giro per la casa per vedere i presepi della mamma che ogni anno si arricchiscono. Solo di uno. Gli altri sono sempre la stessa menata.
Poi si va da Emanuele.
Rivediamo tutti i nostri vecchi amichetti. Gente che non vediamo da un sacco di tempo. C’è anche il Vanza ma lui lo vediamo anche troppo spesso. È un po’ strano, sia io che Carlo ci sentiamo piuttosto estranei. Parlano tutti di persone che non riconosciamo, di eventi a cui non abbiamo partecipato, di idee che non condividiamo più.
È brutto.
Non riconoscere la gente con cui sei cresciuta, le persone che ti hanno aiutato, che ti hanno spinto verso la persona che sei adesso.
Fa male.
Capire che non hai quasi più niente in comune con loro, che vorresti finire la mezza bottiglia di gin il più in fretta possibile e scappare dalla veranda in cui hai festeggiato un sacco di notti.
Torno a casa a dormire. Anche qui stessa storia. Non è più il mio letto, la mia camera, il mio spazio inviolabile. Il respiro di mio fratello nel letto accanto mi dà un fastidio terribile.
Alla mattina mia madre non sa più con cosa faccio colazione, mi prepara il latte ma io non lo bevo più da una vita. Lei non lo sa più, ormai.
Partiamo tutti per casa di mio cugino. Anche qui succede la stessa cosa. Sono attorniata da persone che dovrebbero essere la mia famiglia ma che in realtà non mi conoscono. Non sanno niente di me. E tutto ciò viene dimostrato dai regali che mi fanno. Lo so che conta il pensiero però questi regali dimostrano proprio che loro, di me, non sanno niente. Ricevo un accappatoio, che non uso, trucchi, che mi trucco solo quando sono depressa quindi questi cosi non sono altro che un incentivo alla mia tristezza, un cd di musica pop suonata con il panflute e su questo regalo proprio non mi vengono parole. Mia madre mi regala il solito maglione orribile, mio padre il solito libro che gli avevo indicato quando due giorni fa mi ha telefonato per chiedermi che cosa cavolo poteva regalarmi per Natale.
Tristezza, tristezza, tristezza.
Finiamo di mangiare il pranzo alle 3.30 di pomeriggio. Un delirio.
Ora parte la tombola. L’unica cosa positiva della giornata. Forse riesco a portare a casa un po’ di soldi. Invece sto perdendo e anche tanto. Suona il campanello. È Carlo. Anche lui si becca un regalo orribile. Un pigiama. Genere: malato ospedalizzato con malattia incurabile e mortale.
Ceniamo. Una lenta agonia, mentre lui viene sottoposto al terzo grado parte seconda e io devo continuare a portare piatti e cibo davanti alla bocca di tutti per farli parlare il meno possibile.
Di nuovo la tombola. Non ci credo ancora ma ho recuperato tutti i miei soldi e riesco anche a portarmi a casa 5 euro. Carlo 11 euro.
Stasera dormo ancora a casa mia e alla mattina mia madre non mi fa più il latte. Almeno una cosa in più di me la conosce adesso.
Giornata dai parenti di mio padre.
Passo indenne l’intero pranzo, il pomeriggio, la cena, i regali che non mi rappresentano, la cuginetta che ho visto due volte in cinque anni e che si vergogna persino di salutarmi perché si chiederà: ma chi cazzo è questa? In tedesco, perché lei vive in Germania.
Alle 10 Vanza e Carlo mi vengono a prendere. Passano più o meno indenni dal terzo grado parte terza e finalmente siamo sulla macchina di Vanza diretti verso Milano. Destinazione: casa mia, quella vera.
In macchina regna un silenzio straziante, siamo tutti troppo straniti da questi giorni.
Mentre apro la porta di casa, mi viene quasi da piangere, non so bene perché ma sicuramente per la felicità di sentirmi veramente me stessa, compresa, rappresentata anche solo da un divano e un mobile.
John e Tye sono praticamente in coma etilico sul divano. Pare che in questi due giorni si siano sfondati di alcol fino a perdere i sensi. Paolo arriva dopo pochi minuti e anche lui sembra parecchio stranito.
Porta con sé un panettone e una bottiglia di spumante, gentile regalo di suo zio che non conoscendolo gli ha dato il regalo più insignificante del mondo. Il regalo che i titolari di un’azienda fanno ai loro dipendenti.
Apriamo dolce e bottiglia e intorno al tavolino cominciamo a parlare e a raccontarci questi tre giorni.
E mi sento bene, mi sento a casa, mi sento capita, mi sento in mezzo a gente che mi vuole bene, non perché è costretta per via di un qualche legame istituzionalizzato, mi sento felice perché so che queste persone non mi faranno mai un regalo che non mi rappresenta.
E mentre ascoltiamo il cd di panflute, ridiamo tutti insieme intorno al panettone, allo spumante e alla bottiglia di amaro Braulio che abbiamo rubato a casa di mio padre.
Adesso è veramente Natale.

mercoledì, dicembre 21, 2005

SERATA FILM

Consueto appuntamento con la serata film. Ormai sembra che queste serate si possano fare solo il venerdì o la domenica. Tutto era programmato per venerdì ma poi Carlo e i due americans hanno dato il pacco per andare alla Pergola per la serata Krakatoa.
Paccari che non sono altro.
Quindi, tutto rimandato a domenica. Appuntamento alle 20.00. Oggi è una serata epocale, una di quelle che si fanno poche volte all’anno. Ci si spara un’intera trilogia.
Paolo propone tutto il vecchio Star Wars, i primi tre che poi sarebbero gli ultimi capitoli. Ma la platea non sembra accettare. Io propongo il grande Bruce e tutto Die Hard.
Il pubblico sembra entusiasta. Stasera siamo tutti riuniti intorno alla tv, sul divano. Sara non c’è perché è tornata a casa sua a Bergamo per le vacanze di Natale e ritornerà qui dopo la befana. Quindi John ora dorme in camera con me e russa che sembra un concerto sinfonico di tutti quegli strumenti che se suonati da soli fanno un rumore orribile ma che nel gruppo poi danno il giusto suono.
C’è Vanza, come sempre, c’è Francesca e c’è pure un certo Roman, amico polacco di Marek, il nostro vicino, in visita natalizia anche lui. Per fortuna Roman parla italiano e anche bene, così la traduzione sarà necessaria solo per John.
Alle 8 arrivano più o meno tutti, pare che la trilogia proposta sia particolarmente sentita e gradita come nessun altro film. Ma come sempre il racconto della serata si svolge attraverso l’assegnazione di ricchi premi e cotions (o come diavolo si scrive).
PREMIO PER LA MIGLIOR SELEZIONE
A me. Giulia. Ho scelto veramente bene. Scartando Star Wars, che pur essendo una fantastica saga, proprio non si regge bene tutta insieme. Scartando i vari intellettualismi dei film di ogni colore, Bianco, Blu, Giallo e menate varie. Scartando tutta la serie poliziesca del Monnezza, che per quanto mi piaccia Tomas Milian e il trash anni ’70 è meglio prenderlo anche lui a piccole dosi, Die Hard si rivela la scelta migliore.
PREMIO PER IL MIGLIOR BARMAN
A John. Il new Yorker proprio non ce la fa a vedere il suo mito John McClain ridotto al peggior italiano qualunque con quella voce così distante dalla vera inclinazione di Bruce.
Si dirige in cucina e trafficando con frutta e alcolici vari, prepara Daiquiri a iosa, alzando il tasso alcolico della serata e facendo schizzare l’umore a mille anche senza ragione.
PREMIO PER LA MIGLIOR SCENA
Vabbè praticamente impossibile scegliere. I film sono veramente costellati di grandi battute e scene epocali. Il mio episodio preferito resta sempre quello del NaKatomi, come quello non ce ne sono, anche se devo dire che l’ultimo episodio con Samuel L. Jackson mi aveva stupito particolarmente. Le scene migliori per me sono quelle finali, quando lui dopo aver schivato 2000 proiettili e aver ammazzato 200 persone con 5 pallottole, torna sempre dalla moglie, perché lui è un uomo fedele, un uomo di altri tempi, un uomo dai valori antichi, con l’ammmore al primo posto. Insomma figo, pieno di testosterone e pure romantico. Inesistente nella realtà.
PREMIO PER LA MIGLIOR IMITAZIONE
Vabbè dai sempre Paolo. Canotta da tamarro, sguardo da superduro e accento americano. Un vero agente. L’architetto si è lanciato in evoluzioni e folli inseguimenti fino ad incappare nel vero John McClain, cioè Tye, che in quanto a prestanza fisica non ha nulla da invidiare a Bruce.
PREMIO RESISTENZA
Anche qui come sempre Carlo. Ormai i due premi sono quasi diventati costanti, li vincono sempre loro nonostante qualcuno a volte si sforzi di batterli.
John è praticamente morto sul divano dopo due ore passate a mescolare i cocktail più improbabili e per sapere se erano venuti bene ovviamente li ha assaggiati un po’ tutti.
Tye e Paolo dopo l’inseguimento alla fine del secondo film sono quasi finiti stremati anche loro sul divano, appoggiandosi al corpicino del povero John. Ormai i ragazzi son vecchi, non è che possono pretendere di fare sempre i diciottenni.
Francesca e Vanza hanno spento il cervello dopo l’inseguimento. Vanza ha praticamente vomitato le sue corde vocali inneggiando Tye e Francesca ha fatto più o meno la stessa cosa con Paolo. Considerando poi che la maggior parte dei cocktail li avevano bevuti loro due, vi lascio immaginare il punto di degrado che sono riusciti a toccare entrambi.
Io a metà del terzo film ho chiuso gli occhi un minuto, avete presente quando dici solo un attimo mi riposo gli occhi e poi li riapro e immancabilmente non li riapri più fino al giorno dopo o fino a quando il polacco su cui stai praticamente sbavando da mezzora non si alza e se ne torna a casa sua. Appunto Roman è stato il mio cuscino della serata. Ignobilmente. Perché in fondo io questo tizio l’avevo visto venti minuti prima ma poi i suddetti cocktail, la stanchezza, la posizione detta “occupiamo l’ultimo posto libero sul divano e schiacciamoci all’inverosimile” mi hanno fatto precipitare su di lui. Testa sulla spalla e giù a dormire come quando avevo sei anni.
Carlo alla fine risveglia tutti sugli ultimi titoli di coda.
Fine. John McClain è ancora vivo e ci resterà per tanto tempo. Pare infatti che Bruce stia pensando al quarto episodio. Speriamo di no. Per noi sono perfetti questi tre.Alla prossima serata film.

sabato, dicembre 17, 2005

MOMENTI ILLUSORI DI SOCIALIZZAZIONE ESTREMA

Avete mai la sensazione di non avere amici?
Gente che non ti capisce, che fatica a capire cosa gli vuoi dire, che non comprende per niente le tue intenzioni?
Non vi capita mai di sentirvi, tutto ad un tratto, dal nulla, completamente isolati dagli altri?
A me è successo in questi giorni. Allucinante. Così, all’improvviso mi è venuta una voglia assurda di parlare con qualcuno, di spingermi in una socializzazione estrema. Così ho cominciato a chiamare tutti quelli che conosco e il mio delirio sociale si è spinto fino a chiamare gente che probabilmente non vedevo dalle elementari.
Per poi sentirmi rispondere un simpatico: “ma chi cazzo sei?”
Oppure i classici: Eh pensavo fossi morta! Alla buon ora! Madò è una vita che non ti fai sentire!…
Per poi ritrovarmi in un pub per fighetti a bere birra schifosa con un tal Fabio e guardarlo senza sapere che cosa dirgli. Perché se non vedi una persona da più di cinque anni che cosa mai gli potrai dire? Che cosa mai potrai avere ancora in comune con lui?
Per poi ritrovarmi con Silvia in un altrettanto bar orribile a parlare del tempo e dell’inquinamento a Milano.
Per poi capire che tutto sto bisogno di socializzare è meglio respingerlo subito, senza complicarsi troppo, senza dover necessariamente avere paura di starsene da soli in modo consapevole.
Per poi tornare a casa, sedersi sul divano a guardare la tv e avere di fianco un americano che non capisce un cazzo di italiano ma che ti regala un sorriso che sembra guarire tutto.

mercoledì, dicembre 14, 2005

SE DICO ADDIS, TU DICI?

In casa abbiamo un solo computer posizionato in soggiorno nel centro nevralgico della nostra casetta. Lo usiamo in cinque/un numero infinito di persone. Ognuno scrive quello che vuole, scarica quello che vuole, salva quello che vuole. Il computer effettivamente era un po’ pieno e diventava sempre più lento. Scaricando l’impossibile da internet ci becchiamo anche una marea di virus di ogni genere ma non ci hanno mai causato grossi problemi.
Paolo ovviamente non sopporta questa situazione di anarchia imperante. E allora che fa? Riduce tutto ad un solo utente e ci mette una password sconosciuta a tutti. Voi, grande popolo di internet, saprete benissimo che in Windows Xp si può mettere anche un suggerimento per indovinare la password. Beh Paolo ha fatto proprio questo. Ora il suo divertimento preferito sembra essere diventato quello di cambiare la pwd appena possibile e di cambiare il suggerimento.
Per farvi degli esempi pratici, il primo che ha messo era questo: Se dico Addis tu dici? La Password ovviamente era Abeba. Ma si può partorire un’idea più malsana di questa?!
La pwd l’abbiamo indovinata subito, dopo aver digerito malamente il fatto che Paolo senza avvertirci avesse messo tutte queste protezioni.
Paolo tornato dal lavoro si è accorto che avevamo indovinato la pwd e allora ha cambiato di nuovo.
Suggerimento: il suo nome è Robert Paulsen. Ci abbiamo passato tutto il pomeriggio. Alla fine Carlo ha un lampo di genio e dice: Cornelius! Giusto!
Paolo non trova pace e cerca di inventarsi password e suggerimenti sempre più complicati.
Noi dobbiamo ammettere che ci divertiamo un sacco con questa storia e non abbiamo intenzione di cambiare la password una volta indovinata.
Ora il suggerimento è: se io sono un figliodipà tu sei?
Aiuto!!!!

martedì, dicembre 06, 2005

NOTIZIA TAGLIENTE

Pare che sia morto lo chef Tony...
si proprio lui quello dei coltelli Miracle Blade III serie perfetta...
Tye voleva scrivere qualcosa...

Caro chef Tony,
non so se questa notizia è vera però a me dispiace molto, sul serio.
Io ti guardo tutte le mattine, alle 9, quando mangio il mio latte e con i biscotti sul mio divano rosso. La tua pubblicità è come ipnosi e resto un ora intera a guardare te che tagli carne, scarpe, lastra di marmo (come dici tu). Mi immagino tua madre che con coltello sbagliato taglia pane tipico americano e come mia madre fa danno irreparabile. Poi tu sei sempre generoso perchè regali sempre forbici tagliatutto. E poi tuoi studenti ti ammirano e ti ascoltano sempre.
Ti ammiro e spero che questa notizia non sia vera.
Mio compagno di ore mattuttine e amico tagliatore...ciao
Chef Tony rulez...forever

lunedì, dicembre 05, 2005

ESEGUA UNA LEGGERA PRESSIONE SUL DIAFRAMMA

Domani ho un esame ma non mi presenterò! Non sono abbastanza pronta!
Quando ti succede una cosa del genere ti senti peggio che essere stata bocciata. Ti sei preparata praticamente a metà, hai la sensazione di aver sprecato tempo perché tanto ciò che hai studiato non servirà a niente. Pazzesco!
Mi sento male adesso, figuriamoci domani…
Ma proprio non ci posso andare, non sono una di quelle che si presenta ad ogni costo e poi fa delle figure di merda anche abbastanza allucinanti!
La cosa più difficile è stato chiamare il mio compagno per dirgli che non mi sarei presentata. Non è vero che non ci sono pressioni psicologiche e che te ne devi fregare di quello che pensano gli altri. E’ stato come affrontare una sconfitta personale. Sconfitta perché non ce l’ho fatta a prepararmi, perché sono sempre piena di buoni propositi che non realizzo mai!
Carlo dice che esagero e che succede a tutti. Ma se ti succede troppo spesso forse allora dovresti smetterla di studiare e andare a trovare un lavoro vero!
Non saprei…
Adesso mi sento male e penso che questa cavolo di università non riuscirò mai a finirla e che dovrò stare a pensare a queste stronzate per un altro bel po’ di tempo e tutto questo mi fa abbastanza vomitare.