5coinquilini

mercoledì, luglio 12, 2006

VANZA CHIAMA LA NOIA RISPONDE

Non ho pezzi di libri da lasciare, ingoiato dal suo sbadiglio che lancia sul mondo, ho l'occhio gravato da una lacrima involontaria, un'anima poco ardita per avere un misero destino scritto. E vorrei avere la forza di osservare con gioia il quadro di chi è solo un incubo pieno di cose misteriose, di feti fatti cuocere in pratiche stregonesche, di vecchie che si specchiano, osservare e amare come sapevo fare un tempo chi è un lago di sangue abitato da angeli maledetti, ombreggiato da un bosco di pini sempre verdi. Vorrei avere un singhiozzo ardente che passa di secolo in secolo. Ma ho perduto la musa e vedo in lei solo follia e orrore. Ho toccato ormai l'autunno delle idee, è ora di ricorrere al badile e al rastrello per rimettere a nuovo le terre inondate in cui l'acqua ha aperto buchi larghi come tombe. Ma non ho più fiori nuovi da sognare e da piantare. La noia mi rende crudele. Sto come un pittore che un Dio ironico condanna a dipingere, ahimè, nelle tenebre; e dove, cuoco dai funebri appetiti, faccio bollire e mangio il mio cuore. Nulla eguaglia la lentezza di quei giorni azzoppati quando, sotto i pesanti fiocchi delle annate nevose, la noia, frutto della cupa indifferenza, prende le proporzioni dell'immortalità. Vedo solo una luce diurna più triste della notte e la pioggia quando distende le sue immense strisce, imita le sbarre d'un grande carcere, e un popolo muto d'infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli. La Speranza, piange; e l'atroce Angoscia, dispotica, pianta sul mio cranio chinato, il suo nero vessillo.
Valanga, vuoi tu portarmi via nella tua caduta?

Nota a margine: omaggio a Charles.

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