LA GRANDE CAPACITA' DI MIA MADRE
Ovvero storia di come un genitore può destabilizzare un figlio.
Il padre partì per un viaggio improvviso e la madre si ritrovò a casa da sola con il figlio. Il giovane però non prestava alcuna attenzione alla vecchia genitrice. Troppo giovane e poco incline alle conversazioni adulte. Così la madre in preda ad un moto di solitudine e tristezza decise di chiamare la figlia. Ormai la ragazza viveva da tempo lontana dalla casa dei genitori e non li vedeva spesso ma una figlia, si sa, resta sempre una figlia. O l'ultima persona a cui rivolgersi, solo se sei molto disperata.
La madre alzò il telefono e digitò il numero della figlia che rispose non pensando alla richiesta d’aiuto alla quale andava incontro. La madre fece pochi giri di parole e impose subito il tono autoritario che non lasciò vie di fuga alla figlia. Dopo pochi minuti di conversazione e una serata saltata la figlia si trovava già sulla strada di casa. La strada per il ritorno all'uscio materno.
Giunta alla porta, la figlia si trattenne per pochi secondi. Doveva suonare il campanello e confermare ciò che aveva solo bisbigliato al telefono oppure andarsene e fregarsene della celata richiesta d’aiuto della madre? La figlia decise di considerare il bisbiglio pronunciato al telefono come un si e si fece avanti.
Quando entrò nella casa padronale si accorse che nulla era cambiato dalla sua infanzia. Troneggiavano gli orribili soprammobili della madre, le macchine fotografiche del padre e i libri, pesante eredità della nonna. Sentendosi guardata con disprezzo dalle macchine fotografiche si accomodò sul divano. Sembrava che quegli inermi oggetti antichi, appartenuti ad una tecnologia ormai in disuso la guardassero dicendo: "ecco la figlia ingrata che mai ha voluto imparare il nostro funzionamento! Eccola! E si permette pure di osservarci in quel modo! Stupida studentella di poche speranze, non ti saranno mai più svelati i segreti dei nostri meccanismi! La morte piuttosto che regalarti un'immagine impressa su carta!" La figlia, mentre cercava di distrarsi, sentiva le voci delle macchine e tutto il clamore referenziale che queste le provocavano.
La madre intanto preparava la cena in cucina. E quando la figlia si avvicinò alla madre per chiederle cosa stesse preparando sentì che anche le pentole e i fornelli facevano ragionamenti simili a quelli delle macchine. Capì in quel momento che mai avrebbe potuto proseguire la passione del padre e mai sarebbe potuta diventare una brava cuoca come la madre.
La madre, intanto, la fece accomodare al tavolo e cominciò a servire la cena.
La discussione procedeva senza problemi e la cena incontrava lo stomaco con molto piacere.
Ma alla fine, al momento del caffè, il momento che la figlia vedeva come liberatorio, il momento che aveva aspettato tutta la sera, la madre accoltellò in un sol colpo la sicurezza della figlia. Ebbene, disse, cosa vuoi tu avere dal futuro con gli studi che stai facendo? Cosa vuoi dimostrare al mondo?
La madre avrebbe da sempre preferito che la figlia non si dilettasse in studi universitari ma che pensasse al sano lavoro e a studi pratici piuttosto che teorici. Diceva, c'è tempo per la cultura. Forte dell'esempio del marito che non aveva conseguito neanche la licenza media ma che era uomo di gran cultura. A scuola non ti insegnano nulla. Gli stessi libri li puoi leggere da sola. Il padre, grande sostenitore della cultura autonoma, rincarava da lontano il pensiero della madre. Ed era come se il padre fosse presente nella stanza pur essendo molto lontano fisicamente.
La madre disse: "avresti dovuto studiare qualcosa di più tecnico che ti permettesse di esprimere la tua creatività. Non studi politici e sociologici che tra pochi anni saranno obsoleti e vecchi. Io ti avrei visto bene ad architettura".
La figlia era piccola piccola al pari di una formica. Non sapeva che rispondere e chiese alla madre il perchè di tutto quell'astio per la sua formazione umanista. Ma soprattutto chiese perchè non le avesse dette prima queste cose. La madre, che ormai era diventata un gigante enorme e che faceva spuntare la sua testa fuori dal tetto della casa d'infanzia rispose con tono sarcastico: "mia cara, io e tuo padre, pensavamo ci saresti arrivata da sola". La madre aveva dato della fallita e della stupida alla figlia in poco tempo e in una sola serata. Ora era sempre più grande e la figlia sempre più piccola.
Non sapeva che fare, povera figlia, circondata dalla sua inettitudine e dal suo povero ego destabilizzato in poco tempo. Osservò dal basso la madre e disse: "ma a me piace quello che studio" La madre ribatté con la prontezza di un leone sulla preda: "ma non ti regalerà mai un futuro! Una professione! Dovevi fare studi pratici! Il resto lo potevi imparare a posteriori! In fondo sei sprecata in quella facoltà."
La figlia non se la sentiva di continuare la discussione. Prese la sua roba, diede un ultimo sguardo agli oggetti della casa e si diresse sanguinante verso l'uscita.
Cercò conforto nelle strade della sua infanzia e nel suo caro amico. Ma le strade non erano più le stesse e l'amico non era a casa, proiettato nel suo futuro che forse non la comprendeva.
Si diresse sulla lunga strada di cemento che avevano iniziato a costruire quando era piccola, quando ancora poteva decidere e quando ancora pensava di avere la giusta prospettiva della vita. La strada era come lei. Tagliava un grande campo di pannocchie e mai era stata completata. Si ricordò della sua infanzia passata in quei posti e mentre percorreva il serpente di cemento che si mangiava tutte le strade della sua speranza, rivolse un grido d'aiuto all'amico lontano, che come lei era senza la giusta prospettiva. L'amico lontano non rispose, forse lui la sua giusta strada l'aveva trovata o forse aveva solo le mani sulle orecchie per non sentire o le orecchie occupate in altre discussioni.
Il padre partì per un viaggio improvviso e la madre si ritrovò a casa da sola con il figlio. Il giovane però non prestava alcuna attenzione alla vecchia genitrice. Troppo giovane e poco incline alle conversazioni adulte. Così la madre in preda ad un moto di solitudine e tristezza decise di chiamare la figlia. Ormai la ragazza viveva da tempo lontana dalla casa dei genitori e non li vedeva spesso ma una figlia, si sa, resta sempre una figlia. O l'ultima persona a cui rivolgersi, solo se sei molto disperata.
La madre alzò il telefono e digitò il numero della figlia che rispose non pensando alla richiesta d’aiuto alla quale andava incontro. La madre fece pochi giri di parole e impose subito il tono autoritario che non lasciò vie di fuga alla figlia. Dopo pochi minuti di conversazione e una serata saltata la figlia si trovava già sulla strada di casa. La strada per il ritorno all'uscio materno.
Giunta alla porta, la figlia si trattenne per pochi secondi. Doveva suonare il campanello e confermare ciò che aveva solo bisbigliato al telefono oppure andarsene e fregarsene della celata richiesta d’aiuto della madre? La figlia decise di considerare il bisbiglio pronunciato al telefono come un si e si fece avanti.
Quando entrò nella casa padronale si accorse che nulla era cambiato dalla sua infanzia. Troneggiavano gli orribili soprammobili della madre, le macchine fotografiche del padre e i libri, pesante eredità della nonna. Sentendosi guardata con disprezzo dalle macchine fotografiche si accomodò sul divano. Sembrava che quegli inermi oggetti antichi, appartenuti ad una tecnologia ormai in disuso la guardassero dicendo: "ecco la figlia ingrata che mai ha voluto imparare il nostro funzionamento! Eccola! E si permette pure di osservarci in quel modo! Stupida studentella di poche speranze, non ti saranno mai più svelati i segreti dei nostri meccanismi! La morte piuttosto che regalarti un'immagine impressa su carta!" La figlia, mentre cercava di distrarsi, sentiva le voci delle macchine e tutto il clamore referenziale che queste le provocavano.
La madre intanto preparava la cena in cucina. E quando la figlia si avvicinò alla madre per chiederle cosa stesse preparando sentì che anche le pentole e i fornelli facevano ragionamenti simili a quelli delle macchine. Capì in quel momento che mai avrebbe potuto proseguire la passione del padre e mai sarebbe potuta diventare una brava cuoca come la madre.
La madre, intanto, la fece accomodare al tavolo e cominciò a servire la cena.
La discussione procedeva senza problemi e la cena incontrava lo stomaco con molto piacere.
Ma alla fine, al momento del caffè, il momento che la figlia vedeva come liberatorio, il momento che aveva aspettato tutta la sera, la madre accoltellò in un sol colpo la sicurezza della figlia. Ebbene, disse, cosa vuoi tu avere dal futuro con gli studi che stai facendo? Cosa vuoi dimostrare al mondo?
La madre avrebbe da sempre preferito che la figlia non si dilettasse in studi universitari ma che pensasse al sano lavoro e a studi pratici piuttosto che teorici. Diceva, c'è tempo per la cultura. Forte dell'esempio del marito che non aveva conseguito neanche la licenza media ma che era uomo di gran cultura. A scuola non ti insegnano nulla. Gli stessi libri li puoi leggere da sola. Il padre, grande sostenitore della cultura autonoma, rincarava da lontano il pensiero della madre. Ed era come se il padre fosse presente nella stanza pur essendo molto lontano fisicamente.
La madre disse: "avresti dovuto studiare qualcosa di più tecnico che ti permettesse di esprimere la tua creatività. Non studi politici e sociologici che tra pochi anni saranno obsoleti e vecchi. Io ti avrei visto bene ad architettura".
La figlia era piccola piccola al pari di una formica. Non sapeva che rispondere e chiese alla madre il perchè di tutto quell'astio per la sua formazione umanista. Ma soprattutto chiese perchè non le avesse dette prima queste cose. La madre, che ormai era diventata un gigante enorme e che faceva spuntare la sua testa fuori dal tetto della casa d'infanzia rispose con tono sarcastico: "mia cara, io e tuo padre, pensavamo ci saresti arrivata da sola". La madre aveva dato della fallita e della stupida alla figlia in poco tempo e in una sola serata. Ora era sempre più grande e la figlia sempre più piccola.
Non sapeva che fare, povera figlia, circondata dalla sua inettitudine e dal suo povero ego destabilizzato in poco tempo. Osservò dal basso la madre e disse: "ma a me piace quello che studio" La madre ribatté con la prontezza di un leone sulla preda: "ma non ti regalerà mai un futuro! Una professione! Dovevi fare studi pratici! Il resto lo potevi imparare a posteriori! In fondo sei sprecata in quella facoltà."
La figlia non se la sentiva di continuare la discussione. Prese la sua roba, diede un ultimo sguardo agli oggetti della casa e si diresse sanguinante verso l'uscita.
Cercò conforto nelle strade della sua infanzia e nel suo caro amico. Ma le strade non erano più le stesse e l'amico non era a casa, proiettato nel suo futuro che forse non la comprendeva.
Si diresse sulla lunga strada di cemento che avevano iniziato a costruire quando era piccola, quando ancora poteva decidere e quando ancora pensava di avere la giusta prospettiva della vita. La strada era come lei. Tagliava un grande campo di pannocchie e mai era stata completata. Si ricordò della sua infanzia passata in quei posti e mentre percorreva il serpente di cemento che si mangiava tutte le strade della sua speranza, rivolse un grido d'aiuto all'amico lontano, che come lei era senza la giusta prospettiva. L'amico lontano non rispose, forse lui la sua giusta strada l'aveva trovata o forse aveva solo le mani sulle orecchie per non sentire o le orecchie occupate in altre discussioni.
7 Comments:
belle paranoie che ci tiriamo in questi giorni!
Senti un pò cara figlia delle pannocchie di casa nostra vedi di non rispondere più alle chiamate della cara mammina.
Fossi andata a fare architettura ti saresti ritrovata nelle condizioni di Paolo. Meglio come stai adesso.
Mia madre ha detto che stasera la tua viene a cena a casa mia.
Che dici comincio a correre da adesso o faccio in tempo anche questo pomeriggio?
By Anonimo, at ven mag 26, 10:03:00 AM 2006
Machiavellica tua mamma!!! In pratica ha approfittato della pietà e riconoscenza che un figlio dovrebbe avere nei confronti dei suoi genitori per tenderti una trappola!!!!
By Anonimo, at ven mag 26, 11:12:00 AM 2006
tua madre mi ha sempre spaventato.
Però veramente pessima questa cosa.
Non ci pensare.
By Anonimo, at ven mag 26, 06:13:00 PM 2006
oh che dire ragazzi, mi aspetta una pessima serata.
Giungo ora da una pessima giornata:
1. il supercapo ha fatto una specie di ispezione dove lavoro e ha trovato "parecchie cose che non vanno"
2. alle 2.30 mi sono recata all'altra università per sostenere un esame che non ho sostenuto. Primo ritiro in quasi 5 anni universitari. Scandaloso, da brava studentella a cattiva alunna
3. alle 3.00 ero a piede libero a Milano ma sono stata investita da una mandria di senegalesi in Corso Buenos Aires che scappavano con chili di merce contraffatta sulle spalle. Sono anche caduta.
4. sono di nuovo a casa da sola e ho fame
5. domani devo recuperare tutto il lavoro che avrei dovuto fare nei giorni in cui ho studiato per un esame che non ho dato
6. qualcuno spieghi alla Moratti che questa storia delle lauree specialistiche è una vera minchiata perchè dopo che uno ha finito la triennale col cazzo che ha ancora voglia di studiare!
7. Dopo essere stata investita dai senegalesi sono andata a fare ripetizioni ad un ragazzo di anni 16 e ho passato un'ora a parlare dell'Ariosto
8. é forse il caso che:
a. la smetta di studiare e mi trovi un lavoro serio
b. la smetta di fare mille lavori sottopagati che tanto non servono a niente
c. mi trovi un ragazzo serio
d. la smetta di usare questo blog per i miei deliri.
e. la smetta di usare questi elenchi puntati che non piacciono a nessuno.
Eclissiamoci tutti [cit.]
By Anonimo, at ven mag 26, 08:02:00 PM 2006
Ma dai Giulia, nno mi dispiace se ogni tanto il Vanza viene a trovarmi sul blog. Magari voi che ci convivete risentite della sua ampollosità facendo una citazione alla Meria...
Giulia forse è il caso di smetterla di tirarsi tutte queste seghe mentali. Che dici? Nel caso io entro febbraio 2007 mi laureo in psicologia!!!!
By Anonimo, at ven mag 26, 10:06:00 PM 2006
Giulia stai diventando Carlo.
ravvediti.
By meria, at sab mag 27, 03:23:00 PM 2006
non concordo.
e se fosse mi ravvederò. spero.
By Anonimo, at sab mag 27, 04:05:00 PM 2006
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